Facebook e Cambridge Analytica: cosa è successo
I retroscena di un caso che sta scuotendo l’opinione pubblica, e l’importanza dei dati al tempo del web
Facebook è di nuovo in prima pagina, da quando è stato scoperto che Cambridge Analytica, una compagnia di consulenza politica con sede a Londra, è stata capace di raccogliere milioni di dati personali dagli utenti del social network più utilizzato al mondo e venderli ai propri clienti, con l’intento di dargli una mano nelle loro campagne politiche. Tra le altre cose, Cambridge Analytica si è mossa per aiutare i propri clienti a identificare i comportamenti dei votanti, in modo che questi potessero influire sul comportamento di voto. In poche parole, attraverso questo meccanismo è stato possibile targettizzare gli utenti per avere la possibilità di ricavare profili psicologici molto precisi degli iscritti a Facebook, e poi di fornire a ciascuno di loro un contenuto costruito su misura.
BROGLI MADE IN USA?
Ad alzare ancora di più il polverone, il fato che Cambridge Analytica avesse collaborato alla campagna presidenziale di Donald Trump; ciò significa che i dati raccolti sarebbero stati utilizzati impropriamente per far sì che le persone fossero spinte a votare l’attuale presidente USA. Uno scandalo non da poco, che sta accendendo il dibattito pubblico e politico di questi ultimi giorni in tutto il mondo.
I numeri sono impressionanti: si parla di circa 50 milioni di persone cui è stata violata la privacy; ciò in se stesso non sarebbe poi così clamoroso. Infatti dobbiamo tenere conto che Facebook registra tutti i dettagli della nostra attività sulla piattaforma: quello che facciamo, ma anche quello che non facciamo, dove siamo e con chi siamo. Il social network è costruito così: il loro modello di business è vendere informazioni agli inserzionisti, e più queste informazioni sono precise più valgono. Il problema sta nel fatto che i dati sono stati poi utilizzati per fini propagandistici, cercando di influire sulle scelte delle persone: questo non è legale.
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COME FUNZIONAVA IL MECCANISMO
La strategia era semplice, e consisteva nel far apparire nelle bacheche “giuste” i post “giusti”, non solo prettamente slogan elettorali o manifesti legati alla campagna di Trump, ma anche articoli, video, altri tipi di contenuti. Ognuno di questi era creato per rispondere esattamente alle aspirazioni e soprattutto alle paure degli individui.
In secondo luogo poi, gli esperti di Cambridge Analytica, sapevano esattamente chi raggiungere; in base al sistema elettorale americano, per vincere bastano pochi voti di differenza in alcuni stati chiave. Per questo motivo CA ha focalizzato i suoi sforzi su Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, dove era cruciale convincere gli elettori a non votare per Hillary Clinton ma per Trump. Più che far cambiare opinione, era necessario convincere gli indecisi; Trump alla fine ha avuto meno voti della sua sfidante, ma ha vinto grazie a questo meccanismo.
Ma non soltanto l’elezione del Presidente USA sarebbe stata influenzata dalle manovre di Cambridge Analytica; secondo Christopher Wylie, autore della soffiata che ha scatenato la tempesta mediatica, anche il referendum per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, sarebbe stato macchiato da scorrettezze simili.
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LE SCUSE E IL BOICOTTAGGIO
“Sono stati fatti degli errori. Volevamo dare agli utenti la possibilità di costruire una rete basata sui loro bisogni e gusti”, ha ammesso Mark Zuckerberg, fondatore del social più usato al mondo; ma le scuse probabilmente non basteranno a chiudere lo scandalo Cambridge Analytica. I malumori e i timori degli investitori, si sommano a quelli degli utenti che hanno già imbastito una class action contro le due società. In particolare in molti hanno cominciato a chiudere i propri profili, guidati dallo slogan (o meglio dall’hashtag) #deletefacebook. A mettere benzina sul fuoco anche Brian Acton, uno dei due co-fondatori dell’app di messaggistica WhatsApp, che si è servito del suo profilo Twitter per invitare gli utenti ad una scelta drastica: cancellare il loro profilo Facebook, perché “è giunto il momento”, ha sentenziato.
SERVONO CHIARIMENTI
Intanto la Commissione Europea chiede chiarimenti sul caso; in particolare a Bruxelles vogliono sapere se sono stati utilizzati i dati personali dei cittadini europei e soprattutto “capire in che modo i dati degli utenti di Facebook sono caduti nelle mani di terzi senza il loro consenso”. L’esecutivo Ue pretende anche che il social network adotti misure in grado di evitare che uno scandalo di questo tipo si ripeta. Infine la Commissione si chiede se siano necessarie regole più severe per le piattaforme di social media e se debba cambiare l’approccio alla trasparenza nei confronti degli utenti e delle autorità di regolamentazione.
Per il momento Mark Zuckerberg ha deciso di testimoniare davanti al Congresso degli Stati Uniti e, secondo fonti consultate dalla Cnn, dovrebbe comparire a Washington entro qualche settimana. Il CEO di Facebook si è invece rifiutato di presentarsi di fronte ai deputati britannici della commissione cultura, digitale e media che l’avevano convocato per rispondere sullo scandalo dei dati di 50 milioni di utenti usati a scopo di propaganda politica anche in Gran Bretagna.
Lo scandalo c’è stato, ed è stato enorme, probabilmente abbiamo bisogno di più sicurezza riguardo i nostri dati sensibili e i social network hanno bisogno di regole più severe ma soprattutto chiare e trasparenti, quando si parla di informazioni private. Tuttavia da questa storia abbiamo capito una volta di più quanto siano cruciali i dati delle persone, che se usati nella maniera corretta e legale, possono davvero fare la differenza in una campagna di marketing. Affidati alla nostra web agency a Prato!
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